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Conservazione dei cibi nel frigorifero e nel freezer

La conservazione del cibo è un tema di fondamentale importanza per mantenere il più a lungo possibile la qualità degli alimenti che vogliamo mangiare. La durabilità dei cibi dipende principalmente dalla loro struttura cellulare e dalla loro velocità di respirazione. Le cellule vegetali (che costituiscono frutta e verdura) sono circondate da una parete di cellulosa molto resistente che le protegge mantenendo all’interno acqua e nutrienti; le cellule animali (che costituiscono carne e pesce), invece, hanno una membrana delicata che si degrada velocemente diventando facilmente preda di batteri e microorganismi. Più la respirazione cellulare (cioè il processo attraverso cui a partire dai nutrienti viene prodotta energia necessaria alla cellula consumando ossigeno ed eliminando, come scarto, anidride carbonica ed acqua) procede velocemente più rapidamente deperirà l’alimento poiché vengono ad esaurirsi al suo interno le riserve. 

Frigorifero e freezer sono due elettrodomestici che hanno la capacità di preservare in modo adeguato gran parte degli alimenti. 
Il frigorifero dovrebbe idealmente mantenere al suo interno una temperatura compresa tra 2°C e 4°C: un intervallo di temperature in cui i batteri patogeni come salmonella o listeria non dovrebbero proliferare e in cui quelli innocui, come i batteri lattici, dovrebbero riprodursi non tanto da danneggiare il cibo velocemente. Difficilmente, però, la temperatura interna del frigorifero si mantiene a 4°C ed, inoltre, non è uniforme in tutte le sue zone. L’aria più fredda tende ad andare verso il basso mantenendo, quindi, i ripiani più bassi ad una temperatura inferiore mentre i ripiani più alti relativamente più caldi. Gli scomparti della porta frigo, invece, dovrebbero contenere solo cibi che non necessitano di essere mantenuti ben freddi. Carne e pesce vanno, quindi, conservati nella parte più fredda, ovvero quella più bassa. La frutta e la verdura, che oltre ad una temperatura bassa devono mantenere anche un’alta umidità, vanno invece riposti all’interno degli appositi cassettoni solitamente presenti nella parte bassa del frigorifero. Nella parte centrale va riposto tutto il resto. Per la maggior parte dei vegetali la temperatura di conservazione ottimale è di circa 4 °C, anche se ciascun vegetale ha la sua giusta temperatura di conservazione ed una temperatura minima al di sotto della quale potrebbe presentare dei danni (alcune di queste eccezioni sono ad esempio cipolle, patate, pomodori, banane…).

Altro elettrodomestico che consente di conservare il cibo molto velocemente e più a lungo è il freezer (o congelatore), che mantiene una temperatura non superiore ai -18°C, temperatura a cui le reazioni chimiche sono estremamente rallentate, anche se non si fermano del tutto causando, quindi, delle trasformazioni indesiderate che, anche se molto lente, comportano la perdita delle caratteristiche organolettiche dell’alimento. Per questo motivo cibi diversi hanno durabilità diversa anche quando sono congelati. È bene però capire la differenza tra le tecniche di conservazione chiamate congelamento e surgelamento. Durante il surgelamento, gli alimenti vengono portati in tempi rapidi a – 40 °C, o comunque nella zona di massima cristallizzazione del prodotto, cioè il punto in cui tutta l’acqua presente nel prodotto viene trasformata in ghiaccio. Quando si raggiunge la stabilità termica, gli alimenti surgelati sono poi conservati a temperature che si aggirano tra i – 20/- 18 °C. La rapidità nel raggiungimento delle temperature sopra indicate permette la formazione di piccoli cristalli di ghiaccio all’interno del prodotto: questo farà in modo che il congelamento avvenga in maniera uniforme. I microcristalli di ghiaccio, infatti, non danneggiano la struttura biologica degli alimenti, mantenendo quasi inalterate le caratteristiche organolettiche e nutrizionali rispetto al prodotto fresco. Il congelamento, invece, è un procedimento che si fa in casa. Si tratta di un processo più lungo che avviene a temperature costanti, quindi tra -18/-14 °C. I cristalli che si formano, man a mano che le particelle diventano ghiaccio, sono più grandi e questo comporta, nella fase di scongelamento, il rischio di danneggiare le strutture cellulari del prodotto, in poche parole. Inoltre, l’attività enzimatica, in questo procedimento, non viene bloccata completamente e, di conseguenza, nel tempo si può avere anche una lieve perdita in termini di qualità organolettica del prodotto. Questo, tuttavia, non comporta controindicazioni anche se perdono leggermente le loro caratteristiche.
Ma si possono congelare tutti gli alimenti? La maggior parte dei prodotti alimentari possono essere conservati tranquillamente in freezer, l’importante è seguire alcune indicazioni. In alcuni casi, il congelamento in freezer è quasi fondamentale, quando, ad esempio, si vogliono conservare prodotti stagionali (come i funghi) per averli a disposizione anche nei mesi in cui non sono di stagione, oppure quando si vuole fare scorta di alimenti. È sempre consigliabile indicare sul contenitore la data di conservazione, perché anche se congelati i prodotti hanno una scadenza. Prima di essere conservata in freezer, la carne, di qualunque tipo, deve essere pulita, disossata e, se possibile, privata del grasso in eccesso. Può essere conservata in singole fettine o in pezzi interi: in tal caso, il tempo di scongelamento sarà chiaramente più lungo. Mediamente il tempo di conservazione varia dai 4 ai 9 mesi; se sottovuoto qualunque tipo di carne si conserva in freezer per 1 anno. Anche gli insaccati possono essere congelati, purchè prima di conservarli in freezer, siano stati confezionati sottovuoto; in questo modo possono essere conservati da 1 a 3 mesi. Il pesce da congelare deve essere fresco e prima di conservarlo, deve essere privato delle le lische e delle viscere. In generale, il suo tempo di conservazione in congelatore è circa 3 mesi. Il congelamento può servire a sanificare alcuni pesci dal parassita anisakis, molto pericoloso per l’umo, motivo per cui nei freezer domestici che arrivano a -18°C il ministero della salute consiglia di tenerli per almeno 96 ore in modo da eliminare il rischio. I sughi pronti e le piatti precotti (come zuppe, minestroni, parmigiane) durano fino a 2-3 mesi dalla data di scadenza riposti in freezer all’interno di contenitori provvisti di chiusura. I dolci, il pane e prodotti da forno si conservano, invece, fino a 2 mesi (dalla data di scadenza), sempre all’interno di contenitori chiusi o sacchettini idonei. Il congelamento è, invece, sconsigliato per i prodotti che contengono tanta acqua, come le verdure, gli ortaggi e la frutta, perché rischiano di perdere gusto e consistenza. Durante l’abbassamento delle temperature, infatti, l’acqua presente all’interno degli alimenti distrugge la loro struttura cellulare. Quando questi prodotti si andranno a scongelare non presenteranno più la consistenza né le proprietà organolettiche di prima, ma si potranno comunque consumare, non risultando nocivi per la salute. Tra gli altri alimenti che si sconsiglia di congelare, troviamo le uova, che se conservate intere, cioè con il guscio, potrebbero scoppiare. Sarebbe meglio rompere l’uovo, separare tuorlo e albume e successivamente congelare. I formaggi se stagionati, non andrebbero congelati, perché diventano friabili una volta tirati fuori dal freezer. Anche gli alimenti fritti sarebbero da consumare al momento, perché anche in questo caso c’è un alto rischio di una perdita eccessiva di consistenza e sapore. 
Alcune regole generali per il corretto congelamento:
1. controllare spesso il corretto funzionamento dell’elettrodomestico;
2. non congelare un prodotto già scongelato;
3. eseguire il corretto processo di scongelamento (in frigorifero);
4. evitare di porre il prodotto ancora caldo in congelatore, poichè il rischio a cui si va incontro è che gli alimenti inizino il processo di scongelamento per qualche istante e poi si congelino nuovamente, alterando così il loro stato di conservazione. 

Come gestire la dieta a Pasqua?

Siamo a Pasqua e come in ogni festa che si rispetti ci sarà il classico pranzo, seppur ognuno a casa propria. I cibi della tradizione tendenzialmente sono più grassi ed abbondanti, ma questo non vuol dire rinunciare ad un buon pranzo di Pasqua. Le trasgressioni delle festività devono essere considerate eccezioni, e come tali non devono suscitare senso di colpa, bisogna agire con il buon senso. Ovviamente questo non significa lasciarsi andare, ma fare scelte consapevoli. Un menù di Pasqua che sia attento anche alla salute può essere costituto da un primo piatto a base di cereali integrali o in chicco (pasta o riso ma anche grano saraceno, orzo, farro, segale, o bulghur, che sono più ricchi di fibre, vitamine e minerali, rispetto ai cereali raffinati) condito da un sugo leggero, ad esempio a base di verdura, piuttosto che puntare su un ragù grondante di grassi animali. Il primo piatto rappresenta, infatti, una valida strategia per favorire la sensazione di pienezza e lasciare meno spazio alla carne, tipica nella tradizione pasquale. È dimostrato, infatti, che un consumo eccessivo di carne rossa è associato ad un aumentato rischio di malattie cardiovascolari, oltre che di tumori dell’intestino. Ecco perché è preferibile consumare la carne rossa non più di una volta a settimana, evitando di eccedere con la porzione. Sia come secondo che come antipasto, non può mancare in tavola la torta Pasqualina che può offrire fibre ed avere anche un contenuto protetico controllato grazie alla presenza delle uova. In questo caso sarebbe meglio evitare di ricorrere alla pasta sfoglia già pronta, ricca di burro, e preparare la pasta in casa con farina, acqua e un cucchiaio di olio extravergine d’oliva, come suggerisce la ricetta ligure di questa pietanza. In alternativa, si può arricchire la tavola di Pasqua con un’insalata fresca e uova sode, o un’insalatina verde arricchita con ortaggi di diversi colori e magari qualche filetto d’acciuga. Per quanto riguarda i dolci pasquali, i più noti sono sicuramente le uova di cioccolato e la colomba che di certo non possono mancare perché fanno parte ormai della tradizione, soprattutto per i più piccoli. L’importante è essere parsimoniosi! Una porzione “normale” (la classica fettina) di colomba è ammessa. L’uovo di cioccolato, invece, molto meglio se fondente almeno al 70 per cento, che rispetto a quello al latte contiene una maggiore quantità di cacao e, quindi, una percentuale più alta di flavonoidi, ovvero di sostanze antiossidanti che, se consumate con moderazione, intervengono positivamente sul sistema circolatorio. Il “pezzo” di uovo dovrebbe corrispondere al massimo a due quadretti di una tavoletta, per evitare di sconfinare troppo in termini di introito calorico. Non dimentichiamo, infatti, che 100g di cioccolato forniscono un apporto calorico pari a circa 540 calorie e che, pertanto, un consumo eccessivo porta ad un aumento di peso che nel tempo si associa a varie manifestazioni patologiche. Ma prima del dolce è bene non far mancare una porzione di frutta di stagione o di macedonia: è una scelta salutare che aumenta il senso di sazietà ed aiuta a contenere la porzione dei dolci pasquali. Se si è consumato un pranzo abbondante è bene evitare di saltare i pasti successivi; si può cenare con un piccolo secondo, verdura e un frutto e riprendere il piano alimentare dal giorno seguente. Soprattutto, dopo le abbuffate è bene non ricorrere al digiuno o a quelle diete alla moda o “miracolose” che promettono di dimagrire con il digiuno e semi digiuno. Così si innesca un circolo vizioso pericoloso. Inoltre, masticare lentamente favorisce la digestione. Quando mastichiamo lentamente il nostro cervello riceve prima un segnale di sazietà e apprezziamo di più il gusto, traendone maggior piacere ed evitando così di mangiare quantità maggiori. Come aiutarsi a masticare lentamente? Semplice, poggiando tra un boccone e l’altro le posate sul piatto… 
Altri accorgimenti per una Pasqua in forma:
1. Prestare attenzione agli alcolici: stare attenti con il vino bevuto durante il pasto, basta limitarlo non escluderlo; cercare invece di evitare, per quanto si possa, i liquori o gli amari che concludono il pasto.
2. Prestare attenzione alla frutta secca: Mangiata a fine pasto quasi per digerire, e spizzicata finché non ci si alza da tavola… sono grassi in più, inutili se mangiati in questo modo.
3. E gli avanzi? Si consumeranno i giorni a venire, condividendoli con la famiglia o mettendoli in freezer per altre occasioni o per avere un pasto già pronto. I dolci, meglio finirli consumandoli a colazione, in modo da avere una soddisfazione con cui iniziare la giornata, senza troppi danni. Non preoccupatevi: sia la cioccolata che la colomba possono durare, se ben chiuse e ben conservate… non serve mangiarle subito!!!

Benvenuto…al cambiamento

Non riesci mai ad iniziare la dieta? Rimandare la dieta alla settimana prossima è un grande classico. Nel frattempo cedi a tentazioni convinto che presto arriverà il giorno fatidico, quello in cui dovrai rinunciare alle prelibatezze che le diete proibiscono. L’idea di “mettersi a dieta” spesso evoca sensazioni sgradevoli poiché questo termine viene ricollegato a sacrificanti restrizioni alimentari, difficilmente mantenibili a lungo termine. Paradossalmente, invece, il termine “dieta”, derivante dal greco  δίαιτα, dìaita, significa “stile di vita”. Pertanto, mettersi a dieta non rappresenta un periodo o una parentesi alimentare con un inizio o una fine, piuttosto significa “acquisire un nuovo stile di vita”, cioè modificare il proprio regime alimentare in modo definitivo, nel rispetto delle necessità pratiche e dei gusti individuali. Eccetto casi in cui vi siano problematiche metaboliche comprovate, che impediscono o frenano la progressione attesa e il dimagrimento, è stato studiato come l'ansia di tornare al regime alimentare precedente renda difficoltoso essere aderenti al piano proposto. Modificare le proprie abitudini, specialmente quelle alimentari, infatti, necessita di tempo, energie e pazienza. Fondamentale è, perciò, in primo luogo trovare la motivazione che spinge ad intraprendere un certo percorso e prima di intraprenderlo è bene domandarsi se si è disposti a mettersi in gioco, se il momento sia quello giusto e se lo stato emotivo presente sia tale da permettere il mantenimento di un regime alimentare controllato. Il ruolo del nutrizionista, in questo contesto, è fondamentale per accompagnare il soggetto verso una ri-educazione ad un’alimentazione più sana ed equilibrata che possa essere sostenibile a tempo indefinito motivandolo al cambiamento, senza, per questo, farlo rinunciare al gusto, alle proprie preferenze e, soprattutto, al piacere di mangiare. Instaurare un rapporto di fiducia e sincerità con il professionista può essere di grande aiuto durante tutto il percorso e facilitare il raggiungimento degli obiettivi. La vera sfida è comprendere che la dieta non è semplicemente una fase della vita, ma un’occasione per cambiare radicalmente e definitivamente le proprie abitudini e vivere meglio.